lunedì 25 agosto 2008

Federico Caffè. Un richiamo al realismo

UN RICHIAMO AL REALISMO


Questo articolo proviene da "Articoli di Stampa, Scuola e Vita" di lunedì 18 febbraio 2008. "Articoli" è costretto a chiudere perché il riferimento email apperteneva a http://www.roberto.maurizio.it/ di Register che ho voluto eliminare vita natural durante. L'interlocutore, Register, simile alle cose più spietate che una persona normale può intendere e volere, è sparito nel nulla con le sue richieste esose, con un disservizio da Terzo Mondo, quello malvagio. Siamo, così, costretti a trasferire i pochi articoli pubblicati su "Articoli" perché è stato tolto il diritto di avvalerci di una miseranda struttura basata sullo sfruttamento di donne di serie B. Register, probabilmente, è legato anche a questo magnifico spazio donato gratis da Google. L'immondo comportamento di Register italiano, a mio avviso, non ha nulla a che fare con la splendida piattaforma dalla quale scriviamo liberamente. Peccato che a rimetterci di tutto questo Ambaradam è la tecnologia italiana, il web italiano, i giovani studenti italiani, che diventeranno sempre di più schiavi della lucidità e della saggezza che proviene dalla concorrenza estera. Anche il Congo Belga, con Register ancora in auge, avrà ragione di una tecnologia provinciale come quella che proviene da pseudo strutture avveniristiche italiane il cui unico scopo è il denaro a tutti i costi, come nella migliore tradizione della squallida italietta guidata dalle solite bande più o meno armate.




MONETA E SVILUPPO


di Federico Caffè


Questo che segue è l'articolo pubblicato dalla rivista "Cooperazione" del Ministero degli Affari Esteri, sul numero 19, aprile 1981. L'intervento del Prof. Federico Caffè è all'interno del "Primo Piano" "Verso il Nuovo Ordine monetario internazionale", curato da Roberto Maurizio. L'articolo è inserito all'interno del "Dibattito Aperto" su "Moneta e Sviluppo".





Oltre al Professore, parteciparono, tra gli altri, Mahbub Ul Haq, Paolo Leon, e Fabrizio Saccomanni.Federico Caffè è Professore ordinario di Politica Economica e Finanziaria nella Facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Roma.Pareto ha scritto, in qualche parte, che esistono biblioteche intere di volumi dedicati alla moneta catti­va, ma che basterebbe qualche pa­gina per discutere in modo esau­riente sulla moneta buona. Indi­pendentemente dal valore che vo­glia attribuirsi a questa o ad analo­ghe frasi celebri (e non ritengo, per mio conto, che la frase riportata possa essere condivisa), ci trovia­mo in presenza di uno studioso che, con la potenza eccezionale del suo ingegno, è riuscito più di una volta a condensare in una pa­rola o in una formula i semi che hanno alimentato interi rami della letteratura economica. Ma, scen­dendo da simili altezze stratosferi-che di vigore intellettuale al livello ìnfimo in cui mi trovo, condensare in poco tempo il tema che mi è sta­to assegnato appare, a prima vi­sta, ben poco significativo. Poi, ri­flettendo che questa limitatezza di significatività rimarrebbe immuta­ta anche se disponessi di uno spa­zio ben più ampio e considerando soprattutto che negli anni ottanta già ci siamo, credo di poter indica­re, in modesta semplicità, il mio punto di vista sulle prospettive del sistema monetario internazionale. Credo che esso trovi i suoi incon­sapevoli nemici, da un lato, nei profeti del futuro, che inventano con monotona insistenza innume­revoli varianti di nuove monete o di panieri di monete; dall'altro, nei nostalgici del passato che, avendo utilizzato con profitto in una speci­fica circostanza la formula della «messa in comune delle riserve va­lutarie», la ripropongono in ogni occasione, con patetico convinci­mento.Tra l'utopia e l'attaccamento al passato, si colloca ciò che è stori­camente possibile, nell'arco di tempo considerato. Viviamo in an­ni di profonda involuzione cultura­le, in cui atteggiamenti che veni­vano rimproverati a membri del mondo accademico di paesi del socialismo reale rivivono in incre­dibili affermazioni, come quelle dell'economista americano David A. Stockman, il quale ha rimprove­rato ai maggiori modelli econome­trici del suo paese di produrre pre­visioni «ciniche e distruttive». In questo clima da crociata, che è la negazione stessa della dialettica scientifica, penso che gli anni ot­tanta debbano essere dedicati al­la riflessione e all'autocritica, lasciando sedimentare le idee pri­ma di imbarcarsi in nuovi ambizio­si quanto fragili progetti. Su que­sta via dell'autocritica si è lodevolmente posta la Banca Mondia­le, con il completo abbandono del tradizionale concetto di incremen­to di reddito pro-capite su cui ba­sava i suoi prestiti, una volta ac­certato che esso si traduceva nell'accrescere il vantaggio della parte già privilegiata dei paesi sottosviluppati. Tetragono ad ogni spirito autocritico appare, in­vece, il Fondo Monetario Interna­zionale, che persiste nella illusio­ne di poter condizionare le altrui economie senza una effettiva co­noscenza dell'intreccio dei proble­mi economici e sociali che le contraddistingue. Senza una profon­da autocritica di questo atteggia­mento, che offende la scienza più di quanto mortifichi la consapevo­lezza critica dei cittadini dei paesi coinvolti, non vedo un utile futuro per l'attività del Fondo, nel quadro di un sistema monetario interna­zionale che unisca la capacità tecnica con il rispetto della civiltà e della indipendenza politica di ogni membro.Per quanto il quadro degli anni im­mediatamente innanzi a noi sia fo­sco, non mancano segni di speran­za. Un imponente numero di eco­nomisti inglesi ha assunto una fer­ma posizione critica nei confronti del monetarismo. Un autorevole banchiere centrale, Karl Otto Pöhl, presidente della Deutsche Bunde­sbank, ha avuto occasione di affermare, di recente: «La nostra po­litica non mira a un dato insieme di tassi di interesse, considerati come economicamente desidera­bili, né si propone di difendere un particolare tasso di cambio. Persi­no la nostra politica di offerta del­la moneta costituisce uno stru­mento, un obiettivo intermedio, in quanto è legata all'impiego pieno del potenziale produttivo». Questo mi sembra il seme fecondo su cui si potrà cercare di ricostruire la trama di promettenti e stabili inte­se future. Purtroppo, questa lucida affermazione è offuscata dalla preoccupazione che lo stesso per­sonaggio manifesta per l'eccessi­va espansione della spesa pubbli­ca (nella Germania Occidentale!). Allorché questi residui della sag­gezza convenzionale si saranno dissolti e, nel pieno utilizzo del po­tenziale produttivo, si sarà trovato il fine al cui servizio porre lo stru­mento monetario, sul piano inter­nazionale come su quello interno, si sarà compiuto un passo decisi­vo per ricomporre un valido siste­ma monetario tra i vari paesi. Ma questo richiede che gli anni ottan­ta siano dominati dall'autocritica, più che da una vacua progettua­lità.



Pubblicato da willy danilo a 0.51